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al testo di Ivan Pozzoni
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Mettete, nella bara, i miei occhiali, bacchette a fildiferro, in modo che riesca a vedere in faccia madama Morte, di modo che riesca a vedere l’uomo di Neanderthal camminar sui monti, milioni e milioni di schiavi costruir mausolei di ricchi sciacalli nelle valli del Nilo.
Mettete, nella bara, rivoli di sbavature d’inchiostro sui dorsi della mano, i denti dei miei bimbi incastonati in una crosta di Grana Padano, e i miei occhiali, lenti anti-riflesso, in modo da riuscir a stringere tra dita ossute una vita che si sottrae, tramutando campi di battaglia in campi santi, affinché riesca a vedere Cesare, al limitar del Rubicone, frenare cavalli e dadi, i morti di Crociate, monaci e monatti.
Mettete, nella mia bara, le lacrime di un foglio in carta formato A4, i miei libri non scritti, i miei occhiali – da calcetto-, montatura anti-rottura, cosicché riesca a rimbalzare contro i muri neri del silenzio senza ributterarmi il viso, in maniera da riuscire a vedere indiani correre nelle distese dell’ovest americano, a tirare i baffi a Stalin, a metter dita nell’occhio celeste, Didimo novello.
Mettete, nella bara, occhiali sui miei occhi chiusi, aiutandomi a non morire, come uomo, aiutandomi a smetter di dormire.
[Il Guastatore, 2012] |
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